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capolavori di marketing involontario

Aggiornamento: 23 mag 2023

Ci sono cose che quando le guardi non puoi trattenerti dall’esclamare “questo sì che è un capolavoro!”. Magari lo pensi e basta - non vuoi fare la figura del fenomeno – ma è quella cosa lì. Accade quando compare qualcosa che inventa un mercato nuovo, nel senso che prima non esisteva; o quando quel qualcosa ha la forza di cambiare per sempre i normali criteri di uso. Giusto per fare un esempio: un telefono portatile che non solo fa le foto, ma le spedisce pure, magari mentre ascolti il tuo brano musicale preferito. Sono buoni tutti a dire che l’Iphone è un capolavoro di marketing (prodotto/performance/design). Ma quanti avrebbero scommesso che l’idea dell’ingegner Giacosa sarebbe stata replicata in milioni di esemplari? E quanti che l’invenzione di Pietro e Gino Sada sarebbe divenuta addirittura sinonimo di prodotto?


Diciamo subito per gli otto sfaccendati che insistono a seguirci (grazie, continuate) che l’idea dell’ingegner Giacosa si chiama “Nuova 500 Fiat” e fu lanciata nel 1957. L’invenzione dei Sada fu invece battezzata “Simmenthal”, il marchio alimentare che dal 1923 in Italia è sinonimo di carne bovina in gelatina. Che differenza corre tra l’Iphone, la Fiat 500 e la lessata Simmenthal? Solo il primo è il frutto - pianificato e consapevole – di un progetto di marketing studiato sin nei minimi dettagli. Invece nel caso della piccola auto e ancor più dell’alimento in scatola certamente si perseguiva il successo (quale azienda pianifica il fallimento?) ma non si aveva contezza che il nuovo prodotto avrebbe cambiato per sempre il mercato dell’auto. Semplicemente non si aveva consapevolezza precisa degli esiti. Per questa ragione si parla di “capolavori involontari” di marketing, senza tuttavia scomodare la serendipità che è davvero un’altra storia. In Fiat sapevano benissimo ciò che facevano: una buona piccola vettura. Ma non si aspettavano risultati così clamorosi. Analogamente i Sada non pensavano di aver creato un long-seller che avrebbe dominato per decenni il mercato.

Una speriamo non troppo lunga premessa per arrivare a una storia dei giorni nostri. Il sipario si alzerà il 17 aprile e avrà inizio quella che ormai tutti chiamano design week. Un altro di quei “capolavori involontari” di marketing di cui noi italiani siamo con buona evidenza i migliori produttori al mondo.


Nato nel 1961 il Salone Internazionale del Mobile è diventato subito la più importante manifestazione mondiale di settore. Un successo programmato, cercato e perseguito con la tipica tenacia che distingue l’imprenditore lombardo da qualsiasi altro campione della sua specie. Operosità, inventiva, maniacalità. Ma allora, se c’è tutto questo impegno e tutta ‘sta fatica, cosa c’entra il marketing involontario, direte. C’entra. Perché il Salone era nato per starsene buono in Fiera. Prima in quella vecchia e poi in quella nuova disegnata dal Fuskas. Poi successe l’impensato e francamente pure l’impensabile. Le aziende che non avevano trovato posto in Fiera (ma anche quelle che il Salone lo praticavamo religiosamente tutti gli anni) iniziarono a fare il così detto FuoriSalone, che altro non è che una festa continua di esposizioni, eventi, mostre di progettisti, designer e produttori che hanno qualcosa di nuovo da dire e da vendere. E la città di Milano, il terzo amante dell’impensato triangolo amoroso, s’accese immediatamente aprendo spazi, cortili, piazze e persino le sedi delle varie Università. Ecco che, come una reazione nucleare controllata, il capolavoro involontario di marketing prende avvio e tutta la città ne è coinvolta. Per una settimana le strade e i locali di Milano diventano proprietà del migliore degli invasori: migliaia di visitatori che da ogni angolo del pianeta convergono verso la più piccola delle grandi città europee. Una meraviglia di voci, linguaggi, stili e abitudini. Una festa che forse neanche quel visionario di Steve Jobs avrebbe mai immaginato.



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